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Telecamere in azienda solo con accordi sindacali: lo dice la Cassazione

Sanzioni pesanti per il datore di lavoro che, pur ottenendo il consenso dei dipendenti, installa delle telecamere di videosorveglianza in azienda senza che ci sia un accordo sindacale. Lo dice la Corte di Cassazione tramite la sentenza 50919 del 17 dicembre 2019 che respinge il ricorso di un imprenditore il quale aveva fatto uso degli impianti di controllo a distanza con il bene placet dei dipendenti. L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, secondo la Suprema Corte, è quello che però che fa testo in questa situazione per cui, in assenza di specifica autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro o di un accordo sindacale, gli impianti sono fuori regola anche se i dipendenti hanno detto di sì.

«Il consenso o l’acquiescenza che il lavoratore potrebbe, in ipotesi, prestare o avere prestato, – scrive la Corte di Cassazione – non svolge alcuna funzione esimente, atteso che, in tal caso, l’interesse collettivo tutelato, quale bene di cui il lavoratore non può validamente disporre, resta fuori dalla teoria del consenso dell’avente diritto. Non è, nel caso descritto, la condotta del lavoratore riconducibile al paradigma generale dell’esercizio di un diritto, trattandosi della disposizione di una posizione soggettiva, a lui non spettante in termini di esclusività». Quindi, fate attenzione quando dovete mettere degli impianti a non incappare in questo tipo di errori.

Immagini a terzi e sul web: cosa dice il GDPR a riguardo?

Cosa dicono le nuove regole relativamente alla consegna a terzi di immagini di videosorveglianza, la diffusione di queste sul web e l’utilizzo delle tecnologie biometriche? Sono tutti aspetti sui cui andiamo a indagare in questo articolo di approfondimento legato al provvedimento numero 3 dell’European Data Protection Board (luglio 2019), basato sui nuovi principi del GDPR.

I primi due aspetti sono normati dall’articolo 4 comma 2: fondamentale è capire chi è il terzo a cui si cede il filmato. Se per esempio fare vedere le immagini a un avvocato può essere lecito, specialmente se devono essere messe in atto azioni di risarcimento, al contrario la diffusione sui social di filmati in cui si vede un ladro in azione non rientra nelle regole. Le basi normative sono l’articolo 6 del regolamento europeo (liceità della condotta), 45 e 46 (accordi internazionali legati alla trasmissione di dati extra UE o a organizzazioni esterne). Sempre giustificata invece la cessione alle forze dell’ordine o alla magistratura in quanto la collaborazione è un obbligo di legge che giustifica dunque l’atto. Questo anche quando si è in possesso di una telecamera che, nella sua azione, inquadra una scena utile ad altre indagini, anche non pertinenti al proprio ambito. Se la polizia giudiziaria chiede delle immagini, il titolare del trattamento non può opporsi alla consegna pena il sequestro. Disco verde anche alla spontanea consegna di immagini alle forze dell’ordine se queste inquadrano un crimine o un danno a un soggetto terzo, per esempio un passante.

Le immagini possono cogliere molti aspetti e per questo vale il principio di minimizzazione del trattamento. Significa che le telecamere non dovrebbero puntare su luoghi sensibili come chiese, sedi di partito o altro capace di dare informazioni di natura sanitaria, sessuale, politica o religiosa. Diverso è il caso, per esempio, della ripresa di un portatore di handicap di passaggio per la strada, la cui situazione è evidente. L’importante è ridurre al minimo questo tipo di elementi ambientali i quali non possono essere rimossi del tutto. Comunque, ciò che conta è anche la finalità di trattamento indicata sui cartelli dell’area videosorvegliata. Necessario anche trovare il punto di mezzo tra chi è inquadrato e il titolare del trattamento: in un’azienda la ripresa può essere utilizzata per scoprire eventuali furti ma non per vedere chi sono le persone che hanno aderito a un’assemblea sindacale, per esempio.

La biometria e il GDPR

Il principio base è il seguente: videosorveglianza e biometria insieme per i riconoscimento dei volti vanno utilizzati solo quando non ci sono alternative. Per l’accesso dei dipendenti al lavoro, per esempio, un marcatempo può essere sufficiente, diverso il procedimento legato al controllo dei varchi degli aeroporti. L’identificazione biometrica, secondo gli articoli 4.14 e 9 del GDPR, è composta da tre criteri: l’individuazione di una o più caratteristiche fisiche, psicologiche o comportamentali dell’interessato; un procedimento tecnico di rilevazione e trattamento di tali caratteristiche; l’elaborazione di un dato capace di far identificare una persona in maniera univoca.

Tornando all’esempio dell’aeroporto, il passeggero deve essere messo in condizione di non dover forzatamente utilizzare il varco biometrico ma avere alternative. Infine, il dato estratto dal sistema biometrico deve essere tale da avere i soli elementi essenziali alla finalità del trattamento. Il titolare del trattamento deve anche fare in modo che le informazioni raccolte e crittografate non possano finire in mani sbagliate.

Dal Comitato Europeo per la Protezione dei Dati arrivano alcune misure di sicurezza consigliate come vietare gli accessi esterni ai dati, associare un codice di integrità ai dati e attuare misure per il rilevamento delle frodi, dividere i database dei modelli biometrici e dei dati grezzi, compartimentare i dati durante la trasmissione e l’archiviazione e infine crittografarli seguendo una politica chiara, anche per la gestione delle chiavi. La divisione degli utenti in segmenti profilati non viene considerata come un’attività di identificazione biometrica.

Datacom Videosorveglianza: la novità per metterti in regola con il GDPR

Datacom Tecnologie di Firenze lancia sul mercato una novità per aiutare gli installatori di sicurezza a ottemperare a tutti gli obblighi in materia di privacy, in base anche al nuovo regolamento europeo GDPR.

Con Datacom Videosorveglianza gli installatori e i distributori di impianti di videosorveglianza possono contare su uno strumento che semplifica tutte le procedure.

Chi installa un impianto di TVCC, secondo le normative continentali, deve seguire una serie di adempimenti come, per esempio, il principio di necessità, la descrizione dell’impianto e della tipologia di telecamere, la domanda alla direzione territoriale del Lavoro (qualora ci fossero dipendenti e non fosse presente internamente un sindacato), l’informativa estesa, le lettere di incarico e i mansionari al responsabile e, se designati, agli incaricati, una cartellonistica a norma europea con QR Code o link all’informativa.

Tramite il sito www.datacomtecnologiegdpr.it è possibile ricostruire la mappa del proprio impianto di TVCC con tutti gli elementi che lo compongono come telecamere, schermi, impianto di registrazione, eccetera. La comodità sta anche nell’inserimento degli elementi con un pratico sistema “drag and drop”. Attraverso un percorso guidato, è possibile produrre tutta la documentazione in modo da essere pienamente in regola con la normativa. Inoltre tutti i documenti possono essere modificabili nel tempo grazie anche a una archiviazione su cloud.

Il servizio offerto da Datacom è stato certificato anche dall’Accademia Italiana Privacy che ne ha testato la conformità con il GDPR.

Con la sua nuova sezione ADEMPIMENTI FLASH, ogni installatore potrà infine generare in pochi secondi una nuova cartellonistica con link alla relativa informativa pronta on-line: tutto in automatico (vedi il filmato).

Due le modalità di utilizzo: in accesso diretto, così da compilare tutti i documenti in maniera autonoma, o con un servizio “senza pensieri”, tramite il quale i nostri esperti compileranno tutte le pratiche, fino a quelle da inviare alla direzione territoriale del Lavoro e alla ricezione dei nulla osta.

Per ogni chiarimento o delucidazione vai sul sito www.datacomtecnologiegdpr.it oppure scrivi a u.chiatti@datacomtecnologie.it.

Fino alla fine dell’anno 2021, con Datacom Tecnologie puoi ottenere gratis la cartellonistica conforme al GDPR e l’informativa sulla Privacy per i tuoi clienti. Scopri come: contattaci allo 055.696706 o chiedi direttamente al tuo commerciale di riferimento!

Conformità degli impianti: come si compila la dichiarazione obbligatoria

La dichiarazione di conformità degli impianti è quel documento che ogni installatore di videosorveglianza deve rilasciare al committente, al termine dei lavori e delle verifiche previste dalla normativa vigente, come quelle relative alla funzionalità. L’obbligo di redigerla è sancito dal Decreto Ministeriale 37 del 2008, modificato dal decreto del 19 maggio 2010. Il testo prevede un apposito modello in cui devono essere inseriti alcuni elementi fondamentali:

  • i dati della società installatrice e del committente;
  • una descrizione schematica dell’impianto eseguito con le indicazioni sul tipo di lavori (nuovo impianto o azione sull’esistente);
  • i dati sul luogo di intervento e la sua destinazione d’uso.

Tramite la dichiarazione di conformità l’installazione si prende la responsabilità di aver eseguito lavori a regola d’arte, come chiede la legge e nel rispetto delle norme tecniche, con le verifiche che devono essere state eseguite e superate positivamente. Nella documentazione vanno inseriti obbligatoriamente come allegati il progetto e lo schema dell’impianto, i materiali utilizzati, i riferimenti a eventuali dichiarazioni di conformità precedenti, una copia del certificato di riconoscimento dei requisiti tecnico-professionali della società installatrice e l’attestazione di conformità per impianto nel caso realizzato con materiali o sistemi non normalizzati. L’installatore ha poi la facoltà, e non l’obbligo, si inserire altri documenti legati all’impianto come i report sulle verifiche fatte prima della messa in funzione.

Chi non ottempera a queste norme rischia delle sanzioni. La legge prevede ammende dai cento ai mille euro sulla base anche del tipo di impianto e del luogo dove si è andato a configurare. Quindi per chi opera nel settore della sicurezza è molto importante seguire attentamente le norme per non avere brutte sorprese.

In ogni caso i tecnici della Datacom Tecnologie di Firenze sono a disposizione all’indirizzo mail info@datacomtecnologie.it per ogni ragguaglio e consiglio.

Toscana, bando regionale per la sicurezza da 800mila euro

Scade il 24 ottobre il bando per la sicurezza urbana indetto dalla Regione Toscana, la quale ha previsto contributi per progetti in materia di sicurezza integrata e videosorveglianza. Il bando è rivolto ai Comuni, in maniera singola o associata, oppure alle Unioni di Comuni.

Tutti gli elementi relativi al bando sono disponibili cliccando qui.

Per l’attuazione di questo avviso pubblico sono state messe a disposizione risorse per 800mila euro: i progetti sostenuti saranno finanziati con contributi da un minimo di 15.000 euro a un massimo di 70.000 euro a seconda della numerosità della popolazione interessata dal progetto e sulla base della disponibilità di risorse. Le domande dovranno essere presentate alla Regione entro le ore 13 del giorno di scadenza.

In questa legislatura la Regione ha finanziato progetti di videosorveglianza per un totale di 3,3 milioni di euro, cioè un totale di 172 progetti che hanno riguardato 228 Comuni, ovvero l’83% del totale delle amministrazioni comunali. I progetti pilota invece di sicurezza integrata sono stati 12, per un investimento totale di oltre un milione di euro, che ha riguardato le amministrazioni di Firenze, Prato, Lucca, Pisa, Livorno, Area dell’Osmannoro, Montecatini Terme, Arezzo, Grosseto, Rosignano Marittimo, Poggibonsi, San Giovanni Valdarno. 

TVCC: le linee guida europee per il trattamento dei dati personali

C’è tempo fino al 9 settembre 2019 per inviare commenti relativi alle linee guida 3/2019 del 12 luglio 2019 a cura dell’European Data Protection Board (EDPB), le quali interessano il trattamento dei dati personali in merito ai servizi di videosorveglianza. Il testo è in lingua inglese ed è disponibile cliccando qui.

Al centro del documento tutti i dispositivi di TVCC, che siano quelli classici o quelli considerati intelligenti, e l’utilizzo dei filmati, in modo particolare l’eventuale divulgazione delle riprese a terzi. Il rischio infatti è che si vada sempre contro il GDPR.

Distinzione viene fatta tra le tecnologie biometriche complesse e gli algoritmi che contano le presenze in un locale: secondo l’ente europeo, i responsabili dei sistemi hanno la responsabilità che questi siano affidabili almeno una certo grado, onde evitare scelte giuridiche errate.