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Telecamere nei negozi senza accordi siglati, si rischia grosso: case history con multa da 50mila euro

Non seguire le norme dedicate alla privacy nel settore della videosorveglianza può costare caro. Datacom Tecnologie, che da anni offre la propria consulenza affinché non ci siano sorprese nell’installazione e dell’utilizzo di impianti di TVCC, oggi illustra un caso che recentemente ha interessato una nota catena di negozi di abbigliamento, la quale ha ricevuto una sanzione da 50mila euro, comminata dal Garante della Privacy.

Secondo quanto emerso, infatti le telecamere erano state installate senza un accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. La violazione del Regolamento europeo, del Codice privacy e dello Statuto dei lavoratori ha portato all’emissione dell’ingente multa, legata al grande numero di negozi coinvolti e il personale interessato, che si aggira attorno alle 500 unità. L’azienda ha spiegato di avere agito in questo modo per tutelarsi dai furti, garantire la sicurezza dei dipendenti e controllare gli accessi. Le telecamere erano presenti nelle aree riservate ai lavoratori e ai fornitori, sempre accese e con immagini conservate per 24 ore.

Per evitare di sbagliare e seguire tutte le regole, evitando quindi spiacevoli sorprese, scopri la soluzione Datacom Videosorveglianza su www.datacomtecnologiegdpr.it o scrivi ai tecnici commerciali tramite la mail info@datacomtecnologie.it e il form Contatti.

Privacy, informative sempre aggiornate anche nelle aule universitarie. Come evitare multe salate

Il Garante per la protezione dei dati personali ha specificato come in una sede universitaria sia necessario apporre in maniera chiara e aggiornata le informative per la privacy nel caso in cui si installino telecamere nelle aule per le lezioni. Questo deve essere fatto in accordo con le rappresentanze sindacali, altrimenti potrebbero scattare importanti sanzioni pecuniarie a fronte di un banalissimo reclamo.

La precisazione, che si può leggere cliccando qui o nel player in fondo a questo articolo, arriva in seguito alla sanzione di 10mila euro comminata all’Università Federico II di Napoli poiché erano state installate telecamere senza che venissero presi gli accorgimenti prima descritti. La questione è stata sollevata da un dipendente dell’istituto di fisica nucleare che si è rivolto direttamente all’Authority.

L’ordinanza del Garante riporta come le rappresentanze sindacali non erano state interpellate come previsto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, numero 300, e i cartelli non erano conformi all’articolo 13 del Regolamento europeo: mancavano infatti tutti i dati legati al titolare del trattamento.

Per evitare situazioni di questo tipo, Datacom Tecnologie di Firenze offre tutto il proprio aiuto affinché le regole vengano rispettate e l’impianto di videosorveglianza funzioni in un contesto in cui è legittimato. Per questo, ricordiamo il prodotto Datacom Videosorveglianza nato proprio per aiutare a ottemperare al meglio possibile alle necessità imposte dal GDPR. Per ogni necessità, contatta i nostri tecnici commerciali all’indirizzo info@datacomtecnologie.it oppure tramite il form di contatto del nostro sito, cliccando qui.

Conservazione di immagini di videosorveglianza? Se è prolungata va giustificata

“Salvo specifiche norme di legge che prevedano durate determinate, i tempi di conservazione devono necessariamente essere individuati dal titolare del trattamento in base al contesto e alle finalità del trattamento, nonché al rischio per i diritti e le libertà delle persone”. Lo si legge nella pagina delle domande frequenti del Garante della Privacy, il quale a fine 2020 ha fornito ulteriori precisazioni sul tema e in particolar modo per i contesti lavorativi. “I dati personali – prosegue il Garante – dovrebbero essere nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici) cancellati dopo pochi giorni equanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto, tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione”.

L’interrogativo si pone in merito alla gestione di un sistema di telecamere all’interno di un’azienda, che può essere utile per la sicurezza ma potrebbe avere altri fini. I chiarimenti sono stati necessari in virtù delle nuove previsioni introdotte dal Regolamento 2016/679, alla luce delle quali va valutata la validità del provvedimento del Garante in materia, che risale al 2010 e contiene prescrizioni in parte superate.

Le Faq (scaricabili dal nostro sito, cliccando qui) tengono conto anche delle Linee guida recentemente adottate sul tema della videosorveglianza dal Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) e contengono un modello di informativa semplificata redatto proprio sulla base dell’esempio proposto dall’EDPB.

Tra i chiarimenti del Garante c’è l’affermazione del principio di “minimizzazione dei dati” riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e alla dislocazione dell’impianto: la quantità di informazioni deve essere pertinente e non eccedente rispetto alle finalità perseguite. Sarà il titolare del trattamento a valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento e se ci sia bisogno anche di attivare un esperto per la valutazione.

Ricordiamo che con il prodotto Datacom Videosorveglianza gli installatori e i distributori di impianti di videosorveglianza possono semplificare molto tutte le procedure relative al comparto della privacy. Per tutte le informazioni in merito puoi chiedere direttamente a Datacom Tecnologie di Firenze, alla mail info@datacomtecnologie.it o tramite il form contatti.

TVCC in azienda, niente “silenzio assenso”. Fatti aiutare da Datacom Videosorveglianza!

Non ci può essere il silenzio assenso per installare impianti di videosorveglianza capaci di controllare a distanza i lavoratori di un’azienda. Lo dice la nota dell’8 aprile 2019 con cui il Garante della privacy ha dato risposta a un quesito formulato dal Ministero del lavoro a sua volta interpellato dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. In sostanza il dubbio era: se l’Ispettorato nazionale del lavoro non risponde a una richiesta di autorizzazione amministrativa legata alla tvcc all’interno di un’azienda, si può agire come se fosse un tacito consenso?

La risposta dunque è negativa per il Garante: l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori prevede illecita e sanzionabile a livello penale l’installazione di impianti audiovisivi capaci di controllare i lavoratori a distanza qualora non siano state attivate le procedure di garanzia. L’autorizzazione ha un iter di 60 giorni: una volta concluso, non si può parlare di silenzio assenso.

Ai sensi dell’articolo 4 della legge 300/1970, gli impianti e le apparecchiature, “dai quali può derivare anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l´uso di tali impianti”. Insomma, senza accordo sindacale solo l’Ispettorato può valutare se le telecamere si possono mettere o meno e deve esprimersi in maniera netta.

Per avere un aiuto concreto su come installare il proprio impianto di videosorveglianza senza problemi dal punto di vista delle normative e della privacy, la soluzione più efficace è quella di affidarsi a Datacom Videosorveglianza, il servizio online che Datacom Tecnologie offre per ottemperare alle regole del GDPR. Scopri di più cliccando qui, andando sul sito dedicato oppure contattandoci alla mail info@datacomtecnologie.it o tramite il nostro form.

Videosorveglianza e accesso ai filmati: le modalità per sporgere reclamo

Come sporgere reclamo per mancato accesso a filmati di videosorveglianza?

Come sporgere reclamo per mancato accesso a filmati di videosorveglianza? Se dopo 90 giorni infatti non si ottengono risposte relativamente al diritto di accesso ai dati acquisiti mediante un impianto di videosorveglianza, è possibile rivalersi sul responsabile trattamento dei dati con una propria istanza (ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c, della legge n. 675/1996).

Questa disciplina è normata da anni dal Garante della Privacy, chiamato a trovare una mediazione tra sicurezza e dati personali. Già nel 2000 sono state buttate già delle linee guida, poi il Provvedimento del 29 aprile 2004 ha fatto sì che si arrivasse a informare le persone presenti in un’area sorvegliata, attraverso i cartelli che tutti conosciamo (articolo 13, comma 3 del Codice). Questi devono essere disposti in più copie a seconda della vastità dell’area videosorvegliata e degli impianti presenti. Inoltre devono essere ben chiare le finalità a cui sono destinate le riprese.

Qui sotto è disponibile un modulo utilizzabile per la richiesta di reclamo per l’accesso ai dati (tratto da moduli.it).